GirishVScala delle magnitudiniScala delle magnitudiniFlussoColori e temperature delle stelle2500 anni fa, l'astronomo greco Ipparco classificò la luminosità delle stelle visibili nel cielo con una scala da 1 a 6. Chiamò di prima magnitudine le stelle più luminose del cielo, e di sesta magnitudine quelle più deboli che era in grado di vedere. Sorprendentemente, due millenni e mezzo più tardi lo schema di classificazione di Ipparco è ancora largamente usato degli astronomi, seppur modificato e reso quantitativo. La scala delle magnitudini va nella direzione opposta a quella che ci si potrebbe aspettare: le stelle più luminose hanno magnitudini minori di quelle più deboli. La moderna scala delle magnitudini è una misura quantitativa del flusso luminoso proveniente da una stella, su una scala logaritmica: m = m_0 - 2,5 log (F / F_0) Se non ti è chiara la matematica, questa formula dice che la magnitudine di una data stella (m) differisce da quella di una qualche stella standard (m_0) di un fattore pari a 2,5 volte il logaritmo del rapporto tra i loro flussi. Il fattore 2,5*log significa che, se il rapporto tra i flussi è 100, la differenza in magnitudine è 5. Perciò una stella di sesta magnitudine è cento volte più debole di una stella di prima magnitudine. La ragione per cui la semplice classificazione di Ipparco si traduce in una funzione relativamente complessa è che l'occhio umano risponde logaritmicamente alla luce. Ci sono parecchie differenti scale di magnitudine in uso, ciascuna delle quali risponde a un diverso scopo. La più comune è la scala delle magnitudini apparenti; si tratta semplicemente della misura di quanto luminose le stelle (e altri oggetti) appaiono all'occhio umano. La scala delle magnitudini apparenti stabilisce che la stella Vega abbia magnitudine 0, e assegna le magnitudini a tutti gli altri oggetti usando l'equazione vista sopra, misurando il rapporto del flusso di ciascun oggetto con quello di Vega. È difficile comprendere le stelle usando solo le magnitudini apparenti. Immagina due stelle nel cielo con la stessa magnitudine apparente, così che appaiano ugualmente luminose. Non si può sapere soltanto osservandole se hanno la stessa luminosità intrinseca; può darsi che una stella sia intrinsecamente più luminosa, ma ad una distanza maggiore. Se conoscessimo la distanza delle stelle (vedi l'articolo sulla parallasse), potremmo tenerne conto ed assegnare delle magnitudini assolute che rifletterebbero la loro luminosità intrinseca. La magnitudine assoluta è definita come la magnitudine apparente che una stella avrebbe se osservata da una distanza di dieci parsec (un parsec è pari a 3,26 anni luce, o 3,1 x 10^18 cm). La magnitudine assoluta (M) può essere ricavata dalla magnitudine apparente (m) e dalla distanza in parsec (d) usando la formula: M = m + 5 - 5*log(d) (nota che M = m quando d = 10). La moderna scala delle magnitudini non è più basata sull'occhio umano, bensì sulle lastre fotografiche e sui fotometri fotoelettrici. Con i telescopi possiamo vedere oggetti molto più deboli di quelli che poteva vedere Ipparco ad occhio nudo, perciò la sua scala è stata estesa oltre la sesta magnitudine. In effetti, il Telescopio Spaziale Hubble può osservare stelle quasi di trentesima magnitudine, ovvero mille miliardi di volte più deboli di Vega. Una nota finale: la magnitudine è spesso misurata attraverso un filtro di qualche tipo, e queste magnitudini sono contrassegnate da un indice che designa il filtro (per esempio, m_V è la magnitudine attraverso un filtro visuale, che è nei pressi del verde; m_B è la magnitudine attraverso un filtro blu; m_pg è la magnitudine misurata su una lastra fotografica, e così via).